A Rebibbia tornano i  “Giochi della Speranza”. Venerdì 12 dicembre  2ª edizione della "piccola olimpiade in carcere”.

A Rebibbia tornano i  “Giochi della Speranza”.  Venerdì 12 dicembre  2ª edizione della "piccola olimpiade in carcere”.

Dopo il successo e lintensa partecipazione che hanno caratterizzato lesordio del giugno scorso, i Giochi della Speranza tornano allinterno della Casa Circondariale di Rebibbia, stavolta però nella sezione femminile.

Liniziativa, promossa dalla Fondazione Giovanni Paolo II per lo sport, dal DAP - Dipartimento dellAmministrazione Penitenziaria e dalla rete di magistrati Sport e Legalità”, con il patrocinio del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, è stata presentata nel corso del convegno "La funzione rieducativa della pena e il valore dello sport nel trattamento penitenziario”, unoccasione di riflessione condivisa sui temi della giustizia, della dignità umana e dei percorsi di recupero, inserendosi nel più ampio contesto dellAnno Giubilare e della missione formativa e sociale dello sport.

Se nella prima edizione dello scorso 13 giugno a vincere era stata la speranza, tra emozioni forti, agonismo e momenti di profonda riflessione, questa nuova edizione si presenta come un passo ulteriore in un cammino già avviato: rendere lo sport uno spazio di incontro reale, di dialogo e di possibilità. 

«Bisogna superare la convinzione che lo sport in carcere sia un mero passatempo - ha spiegato Daniele Pasquini, presidente della Fondazione Giovanni Paolo II per lo sport -. Questa seconda edizione dei Giochi della Speranza vuole ribadire ciò che abbiamo visto e vissuto a giugno: lo sport non è soltanto competizione, ma può veramente essere un'opportunità per migliorare la qualità della vita dei detenuti. E nel contempo essere una scuola di educazione alle regole e alla convivenza, l'occasione per imparare a rimettersi in gioco e a prendersi cura della propria salute e del proprio corpo. Lo sport parla un linguaggio universale e sa unire oltre ogni barriera, anche laddove il confine tra interno ed esterno sembra più netto».

 

Parole importanti anche quelle di Sergio Sottani, procuratore generale presso la Corte di Appello di Perugia e presidente della rete di magistrati Sport e Legalità: «Lo sport non è solo fatica e cronometri: è il campo dove si impara che le regole sono la base, il rispetto è la forza e la squadra è il vero traguardo. Persino la Costituzione ci ricorda che lo sport può insegnare inclusione, gestire lo stress e trasformare la vita. Nelle carceri, lo sport diventa strumento di rinascita: educa alla legalità, favorisce la collaborazione e umanizza la pena. Perché giocare bene non è solo vincere: è il primo passo per diventare migliori». 

Per tali ragioni, come sottolineato anche dal giudice Fabrizio Basei, rappresentante della rete di magistrati Sport e Legalità, «i Giochi della Speranza costituiscono una concreta attuazione della funzione rieducativa della pena. Lo sport unisce, lo sport rende liberi». 

Interessante la testimonianza di Ernesto Napolillo, direttore generale dei detenuti e del trattamento - DAP (Dipartimento dellAmministrazione Penitenziaria): «Da un monitoraggio nazionale, abbiamo ricostruito una mappatura dellattività sportiva negli istituti penitenziari e il risultato è sconfortante. A fronte di taluni territori dove c’è una particolare attenzione per largomento, c’è un gran vuoto sia a livello qualitativo che quantitativo in ampie zone. Se andiamo ad analizzare i dati dal punto di vista femminile il risultato è ancora più sconfortante. Occorre quindi capire ed evidenziare quali attività sportive possano essere replicate nello spazio e nel tempo in tutti gli istituti di pena. Da qui lesigenza di linee guida operative per i responsabili delle strutture carcerarie e iniziative come "I Giochi della Speranza" vanno proprio in quella direzione. Perché lo sport non è solo attività fisica, ma una scuola di regole che diventano a loro volta scuola di rieducazione». 

E per concludere il saluto di suor Alessandra Smerilli (Segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale): «Per chi vive la detenzione, lo sport assume un valore importante perché educa al rispetto, alla disciplina, al lavoro di squadra; aiuta a riconoscere i propri limiti e a scoprire nuove energie. In carcere lo sport non è solo movimento: è unesperienza di libertà possibile, di relazione, di fiducia restituita. Al centro di tutto rimane la speranza: la speranza di qualcuno che attende oltre le mura, la speranza di una conversione interiore che spesso anticipa la liberazione esterna. La speranza di chi sceglie di rialzarsi». 

Levento sportivo consisterà in una piccola olimpiade che vedrà quattro rappresentative sportive (detenute, polizia penitenziaria, magistrati ed esponenti della società civile) che si confronteranno in varie discipline sportive: calcio a 5, pallavolo, atletica leggera, tennis tavolo e calcio balilla.

Questa seconda edizione ribadisce lobiettivo di creare un modello replicabile anche in altri istituti di pena, per permettere anche alle persone recluse di vivere in armonia e serenità questo momento di gioco ma soprattutto per valorizzare sempre di più lo sport come strumento di crescita personale e reinserimento sociale dei detenuti.

I Giochi della Speranza si confermano come una piccola olimpiade” nata dietro le mura”, capace di attraversarle simbolicamente per raggiungere la comunità esterna e ricordare che il valore educativo dello sport non conosce confini.

 

 

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