Al TBM si apre la nuova stagione teatrale ricca di suggestioni e dal 5 all’8 ottobre le opere classiche ritornano a essere protagoniste
“Cassandra”, produzione Teatro Stabile d’Innovazione Galleria Toledo, è in programma da giovedì 5 ottobre a sabato 7 ottobre. Laura Angiulli cura la drammaturgia e la regia dello spettacolo che vanta i contributi al testo di Enzo Moscato e l’interpretazione di Alessandra D’Elia e Caterina Spadaro.
Variazioni sul mito n.2
Cassandra, la più bella tra le figlie di Priamo, amata da Apollo e, per non avere corrisposto al suo amore, dotata d’inascoltata capacità profetica. Forse la meno celebrata e più sfuggente immagine del grande affresco della Troia all’epilogo, che tuttavia -nel tramonto di un ciclo storico- s’impone sul suo popolo e sugli eventi per lucida capacità d’interpretare i fatti, e valutare l’esatta entità delle forze contrapposte. Essa si sottrae alla massa dolente della schiera al femminile che popola lo scenario offerto dall’ampia famiglia di Priamo; si afferma con inconsueta personalità in un ruolo che, a ben vedere, è innanzi tutto politico. Cassandra osserva lucidamente, penetra la verità dei suoi giorni mai piegata, più che altro furente, e va incontro allo spietato destino di schiava e vittima mentre Troia consuma tra le fiamme la sua dolente epopea. Le danno voce Alessandra D’Elia e Caterina Spadaro, in equilibrata condivisione con la “rappresentazione in canto” di Caterina Pontrandolfo. Di significativa consistenza la presenza della sezione musicale affidata alla creazione di Enrico Cocco e Angelo Benedetti. Materiali straordinari sottratti a Eschilo e Euripide, ma anche a Licofrone, l’autore che proprio a questa immagine femminile dedicò l’Alessandra “un poemetto di esuberanza barocca, ricca di colori, dal lessico ricco e molteplice, che non esclude l’osceno, il volgare, il linguaggio da trivio, da bordello…”. Non meno significativi e pregnanti gli spunti raccolti dall’opera di Christa Wolf, e dal generoso contributo di Enzo Moscato, voce tra le più dense e toccanti della drammaturgia contemporanea. Interpretazione in canto: Caterina Pontrandolfo; Musiche originali e drammaturgia del suono: Enrico Cocco e Angelo Benedetti; Impianto scenico: Rosario Squillace; Luci: Cesare Accetta; Fotografie: Alessandra Cardone.
Venerdì 6 e sabato 7 ottobre e domenica 8 ottobre è in scena il testo di Euripide: “Ifigenia in aulide”, produzione Zerkalo. Per la regia di Alessandro Machìa e la versione italiana di Fabrizio Sinisi la rappresentazione è interpretata da Andrea Tidona, Alessandra Fallucchi, Roberto Turchetta e Carolina Vecchia affiancati da Lorenza Molina, Nicole Mastroianni, Vanessa Guidolin e Chiara Scià e la partecipazione di Paolo Lorimer nel ruolo di Menelao. Ultima delle tragedie euripidee, rappresentata postuma nel 399 a.C. in un periodo di profonda crisi del modello della pòlis greca – di lì a poco ci sarebbe stata la disfatta di Atene contro Sparta e la fine di un modello politico e democratico; Ifigenia in Aulide è una tragedia ambigua in cui, come nell’Alcesti, si mette in scena un sacrificio e una morte che poi si riveleranno apparenti. Gli dèi di fatto non ci sono più, il tragico sembra franare: gli eroi in Euripide sono solo uomini lacerati, deboli, mutevoli che agiscono in base ai loro desideri e alle loro paure, lontani anni luce sia dal modello omerico che da quello eschileo. A dominare è la ragione strumentale e il discorso del potere. Emblematico, in questo senso, è il trattamento che Euripide fa di Achille, eroe demitizzato, quasi un personaggio comico, incapace di corrispondere al suo stesso mito originario; che non agisce, evita lo scontro con i soldati facendosi paladino, alla maniera dei sofisti, della persuasione e del dialogo, pur ripetendo – quasi volesse rincorrere quell’Achille omerico che Euripide non gli permette di essere – che lui salverà Ifigenia. Come quando dice a Clitemnestra: “Ti sono apparso come un dio e non lo ero. Ma lo diventerò”. Nella costruzione dello spettacolo, si è voluto seguire il trattamento euripideo del mito cercando di far emergere la violenza che abita il testo e le contraddizioni di personaggi che Euripide presenta come “umani troppo umani”; la loro inadeguatezza al mito, l’abisso del privato al di sotto del mascheramento della parola pubblica, l’ambizione, la doppiezza. Tutto è ambiguo, apparente, a cominciare dal dialogo iniziale tra Menelao e Agamennone, da cui emergono due figure deboli, mediocri e velleitarie, che si scambiano accuse dicendo la verità l’uno dell’altro. In questa versione di Fabrizio Sinisi, Agamennone è costretto dalla necessità verso cui lo spingono gli eventi a sacrificare Ifigenia, trascinato dal motore della Storia e da quella impossibilità di conciliare l’essere re con l’essere padre. Ma, ancor di più, a venire alla luce attraverso il verso di Sinisi è l’umano euripideo che, oltre le costrizioni oggettive in cui si trova incastrato il re, fa emergere il suo desiderio, la sua personale ambizione sempre accompagnata dalla paura e dall’incapacità di agire. L’abbassamento di tutti i personaggi della tragedia è funzionale all’innalzamento della giovane Ifigenia, “nata forte”, che decide di sacrificarsi, di accettare e addirittura di volere il destino che è stato scelto per lei dal padre, in un trionfo di amor fati che solo può riscattare dalla febbre fagocitante che qui prende tutti i personaggi della tragedia – compresa Clitemnestra – ora lontanissima dalla donna implacabile e inconciliabile descritta nell’Orestea di Eschilo. Nell’esaltazione finale nella quale Ifigenia accetta la sua morte, c’è l’assunzione piena del punto di vista del padre Agamennone e del maschile, ma non per debolezza: accettando e decidendo la sua morte Ifigenia si individualizza, esce dall’indistinzione diventando ‘qualcosa’ nella morte imminente, un comandante lei stessa, sollevando allo stesso tempo il padre amato dalla piena responsabilità del sacrificio. Una scelta netta della regia è stata quella di recuperare nell’esodo, considerato spurio, l’ipotesi che a raccontare della sostituzione di Ifigenia con una cerva non fosse un messaggero ma il deus ex machina della dea Artemide. Scene Katia Titolo; Costumi Sara Bianchi; Luci Giuseppe Filipponio; Suono Giorgio Bertinelli; Movimenti coreografici Fabrizio Federici; Assistente alla regia Lorenzo Molina; Organizzazione Rossella Compatangelo; Ufficio stampa Maya Amenduni; Comunicazione Sofia Chiappini; Foto e grafica Manuela Giusto.
Teatro Tor Bella Monaca - Arena Teatro Tor Bella Monaca Via Bruno Cirino angolo Via Duilio Cambellotti raggiungibile con Metro C o Linea Bus 20
Botteghino: dal martedì alla domenica dalle 10,30 alle 21,30 BIGLIETTI
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